Giorgione dice la sua sul chiacchierassimo Nautilus creato in edizione limitata da Patek Philippe per festeggiare i 170 anni della collaborazione con Tiffany & Co.
Non sapevo come iniziare, e se iniziare, a scrivere questo articolo poi mi sono venute in mente alcune parole di una grande scrittrice: Oriana Fallaci.
“Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che mi impongo per non mischiarmi alle cicale….e sono molto molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d’una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina di rispondergli”.
Ecco questo è un po’ il mio stato d’animo oggi quando penso alle ultime scelte di Patek. Sì, perché io ho amato tanto questa casa ed ho amato infinitamente, in tempi non sospetti, il Nautilus. Lo amavo prima che diventasse una moda ed un rischio per la casa. Sono ormai anni che dico che Thierry sta mettendo troppa attenzione su questa linea. Storicamente c’erano 2, al massimo 3 Nautilus (nella misura grande) in produzione. Oggi sono 15.
Eppure lui un anno fa aveva dichiarato di voler iniziare a levare attenzione da questa linea togliendo di produzione il 5711 in acciaio. Ottimo, avevo pensato, forse ha davvero capito che è meglio che Patek Philippe resti sui complicati piuttosto che sugli sportivi in acciaio. Poi, improvvisamente, si inventa la versione finale del modello facendolo uscire con quadrante verde in due versioni: normali e con baguette. Scelta che non capii del tutto ma che, tutto sommato, poteva starci. Poi quel verde con le baguette era di una bellezza da togliere il fiato e, si sa, ad un amato si perdona tutto.
A inizio dicembre però, improvvisamente, inizia a circolare la foto di un 5711 in azzurro Tiffany. Carino mi sono detto, ottimo lavoro di Photoshop. Ed invece, dopo pochi minuti, ho scoperto che era vero. E mi è caduta addosso una malinconia incredibile. Ho scoperto poi che il primo pezzo era stato offerto a Phillips da mettere in asta. Ma perché? Per aumentare ancora l’hype? Il ricavato (6,5 milioni di dollari, ovvero oltre 5,7 milioni di euro) andrà in beneficenza, questo è vero, ma questo porta in gioco anche i vantaggi fiscali per l’acquirente che in molti paesi ha la charity dove le donazioni vengono dedotte quasi interamente dalle tasse…
Questa mossa di Thierry ha sicuramente fatto avere incredibile visibilità al marchio (e ancora di più a Tiffany & Co.) ma a che prezzo? Che senso ha far si che il mondo parli di un modello uscito di produzione? Che senso ha per una casa famosa per i pluri-complicati far parlare del suo orologio solo tempo in acciaio? Qui Patek rischia seriamente di diventare famosa solo per il Nautilus e di perdere il fascino che aveva sugli orologi che l’hanno resa famoso che sono le ore del mondo, i perpetui, le ripetizioni…. Mi ha poi fatto tremare la scritta Lvmh che sostituisce il numero 1 del 2021 stampato sul fondello. Perché è stato fatto? Lvmh non appare mai accanto ai sui brand. Che sia un indizio per una futura acquisizione? Forse solo questo spiegherebbe questa mossa.
Finisco citando ancora la fallaci: “Col che ti saluto affettuosamente e t’avverto: non chiedermi più nulla. Meno che mai, di partecipare a risse o a polemiche vane. Quello che avevo da dire l’ho detto. La rabbia e l’orgoglio me l’hanno ordinato. La coscienza pulita e l’età me l’hanno consentito. Ma ora devo rimettermi a lavorare, non voglio essere disturbata. Punto e basta.”
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